Le donne e i poco olimpici Giochi del 1900: sesta e ultima puntata
La contessa Hélène de Pourtalès, Charlotte Cooper e Margaret Abbott sono spesso menzionate quando si parla di partecipazioni femminili ai Giochi. Del resto, il CIO considera la velista svizzera la prima donna in assoluto ad aver preso parte e ad aver ottenuto il successo in un concorso olimpico; indica, invece, la tennista inglese e la golfista americana come le vincitrici dei primi tornei individuali riservati esclusivamente alle donne disputati nel corso di una kermesse a cinque cerchi. Alla luce delle indagini che hanno portato di recente a includere nel programma ufficiale di Parigi 1900 il Prix International de la selle, anche Elvira Guerra ha guadagnato un posto esclusivo: è diventata la prima italiana nella storia delle Olimpiadi.
Meno citata delle precedenti è Louise Anne Marie Desprès, moglie di André Desprès, presidente della Federazione Francese di Croquet. La statistica è crudele: neanche le atlete citate in precedenza sapevano che ci fosse una Olimpiade in corso, anzi neanche sapevano cosa fosse esattamente una Olimpiade; solo che la signora Desprès viene ricordata meno perché i concorsi cui partecipò non la videro arrivare sul podio e si svolsero a luglio, due mesi dopo le gare di vela.
Sorte ancor peggiore per tutte coloro che nel corso dell’Esposizione Universale presero parte a competizioni sportive non considerate ex post degne del bollino del CIO: dimenticate o quasi, come gli interi Giochi olimpici di Parigi 1900. Lo storico francese André Drevon nel suo libro, intitolato non a caso Les Jeux Olympiques oubliés: Paris 1900, ha provato a ricostruire le tracce lasciate sui giornali da queste partecipazioni femminili. Ne viene fuori un quadro che, se non altro, dà indicazioni sulle altre discipline1 cui le donne avevano accesso agli inizi del XX secolo e sulle modalità che regolavano questo accesso.
Ad esempio, circa mille e cinquecento scolare francesi si esibirono a inizi giugno in esercizi ginnici nel corso della Festa federale della USGF (Union des sociétés de gymnastique de France). Già da una ventina di anni l’educazione fisica era diventata materia obbligatoria di insegnamento nelle scuole2 e, se per i ragazzi, questo voleva dire partecipare anche a lezioni in cui si imparava a maneggiare la carabina, per le ragazze il tutto si traduceva in una serie di saggi di gruppo in cui venivano effettuati movimenti che avevano lo scopo di migliorarne la coordinazione e la grazia.
Di agonismo al femminile, però, neanche a parlarne. Drevon scrive ironicamente che, quando a fine luglio 1900 al velodromo di Vincennes ci fu il concorso internazionale di ginnastica (riconosciuto poi dal CIO), le uniche presenze femminili erano delle statuette che raffiguravano la dea Atalanta «nel momento in cui, chinandosi a raccogliere la mela lanciata da Ippomene, perde la corsa, ma guadagna un marito», come precisava il rapporto ufficiale. Statuette destinate ai ginnasti che si sarebbero classificati al secondo e al terzo posto.
Ad ogni modo, nel corso della Festa federale ci fu almeno una donna che partecipò a una competizione ginnica che in realtà era una gara di tiro! M.me Cazier risulta, infatti, vincitrice -e forse unica concorrente- della categoria “Dames associées” del torneo riservato ai membri d’onore o agli associati alla USGF. E, quando un mesetto dopo, al poligono di Satory, iniziò propriamente la riunione sportiva dedicata a pistole, carabine e fucili, almeno altre quattro donne presero parte a gare individuali di tiro: le signore Whalen e Yvon si misurarono anche contro uomini in competizioni open, classificandosi, rispettivamente, 193° e 145°3, mentre Sport universal illustré ci assicura che in quei giorni a sparare c’erano anche le «fanatiche della piccola carabina» M.lle Whalen e M.lle Holmès.
Per le signore e le signorine di buona estrazione sociale che avevano imparato a far fuoco contro bersagli in poligoni privati, c’era dunque la possibilità di esibirsi in pubblico, anche se per un riconoscimento ufficiale della pratica a livello mondiale o olimpico si sarebbero dovuti attendere molti decenni.
Le sorprese non finiscono qua: c’è una signora Fournier che, in coppia con il marito, vinse nel canottaggio la regata di doppio misto riservata a equipaggi francesi! Eppure, ancora una volta, il modo riduttivo e irritante con cui i media riportano la notizia fa capire perché anche in questa disciplina la pratica al femminile sarebbe rimasta marginale in sede internazionale per tanto tempo. M.me Fournier per la Vie au grand air è, infatti, una semplice curiosità, una nota gaia da riferire e ben presto dimenticare.
Infine, c’è tutto un altro sottobosco di comparsate femminili in riunioni organizzate sotto l’egida dell’Esposizione Universale o, meglio, dei Concorsi internazionali di educazione fisica e di sport. Così, tra M.me Maison che fece la copilota nella mongolfiera del marito, M.me B. che fu fotografata al molo mentre partecipava a una gara di pesca e le società Union des femmes de France, Association des dames de France, Ambulancières che presero attivamente parte alle giornate dedicate al salvamento, il numero di discipline che in un modo o nell’altro coinvolsero donne supera comunque la decina.
Ma in questo panorama abbastanza variegato fa rumore un’assenza, quella del ciclismo. La bici da anni era usata dalle donne come mezzo di trasporto e di svago e negli anni Novanta del XIX secolo non era infrequente vedere cicliste esibirsi al Velodromo d’inverno di Parigi. Si erano persino disputati in Belgio dei Campionati del mondo di velocità. Tutto questo, però, non era bastato per ottenere il riconoscimento di una dimensione agonistica al femminile nello sport del pedale, ricco e seguito e, pertanto, di esclusiva proprietà degli uomini.
Nell’immagine in evidenza: Atalanta e Ippomene di Guido Reni (1615-1618 ca.). Secondo il mito Atalanta si ferma a raccogliere i pomi d’oro lanciati da Ippomene che così può sorpassarla e vincere la sfida
Puntate precedenti: Le donne e i poco olimpici Giochi del 1900, Il fantasma della contessa de Pourtalès, Margaret Abbott, la golfista con il cappellino, Elvira Guerra, sportiva con abbigliamento consono, Charlotte Cooper, atleta a tutti gli effetti