Le donne e i poco olimpici Giochi del 1900: prima puntata
Secondo il barone Pierre de Coubertin, primo presidente del Comitato Olimpico Internazionale (CIO), in manifestazioni sportive pubbliche non ci doveva essere spazio per competizioni femminili: sarebbero state antiestetiche e di poco interesse.
In effetti, alle gare dei primi Giochi dell’età moderna, quelli di Atene del 1896, nessuna donna si iscrisse o, meglio, poté iscriversi. Tuttavia, se andiamo avanti di soli quattro anni, scorrendo l’elenco delle persone partecipanti ai vari concorsi della II Olimpiade (Parigi 1900), si scorgono qua e là nomi femminili. Pochi, una ventina in tutto, ma comunque non zero come ad Atene. Come si spiega? Il barone aveva cambiato idea?
No, non di certo: per lui continuava a essere importante che le donne non partecipassero. Il fatto è che quella Olimpiade, anche se vide le gare disputarsi nella sua Francia, con de Coubertin e CIO ebbero molto poco a che fare. Una sconfitta su tutta la linea che determinò, tra l’altro, la possibilità per alcune atlete di gareggiare (e vincere).
In pratica, l’aristocratico francese aveva pensato di far coincidere lo svolgimento della seconda edizione dei Giochi olimpici con l’Esposizione Universale del 1900, due eventi che si proponevano fini inconciliabili. L’Expo aveva, infatti, come obiettivo celebrare la grandeur della Francia all’alba del nuovo secolo, mentre nell’ottica decoubertiniana l’Olimpiade doveva essere la portabandiera di un cosmopolitismo elitario che si basava su esaltazione e decontestualizzazione di un modello di atleta, quello del gentleman amateur.
Dal contrasto fu la seconda a uscirne praticamente annullata. Scrive André Drevon che probabilmente l’espressione «Jeux Olympiques» apparve solo una volta su un documento ufficiale e non in riferimento alle gare, ma a de Coubertin stesso, che nel programma distribuito agli spettatori il 19 luglio 1900 -una delle cinque giornate dedicate all’atletica leggera- era presentato come «presidente del Comitato internazionale dei Giochi olimpici»1. Sarebbe, pertanto, più corretto riferirsi all’insieme delle manifestazioni di carattere sportivo organizzate nell’arco dei sette mesi dell’Esposizione Universale come ai “Concours internationaux d’exercices physiques et de sports”.
Una commissione preparatoria si era insediata già nel novembre del 1894, nell’ottica di pianificare gli interventi infrastrutturali funzionali allo svolgimento di tali concorsi, ma in pratica ogni manifestazione fu gestita in modo pressoché indipendente e data in mano a singole federazioni o società sportive di riferimento. Il CIO non ebbe alcuna voce in capitolo su quali eventi proporre e su chi ammettere o meno a tali eventi. All’organizzazione presieduta da de Coubertin – che, per inciso, non partecipò mai ai lavori della commissione preparatoria, pur facendone ufficialmente parte – non restò altro che arrogarsi il diritto di decidere, ex post, quali competizioni considerare olimpiche e quali no. Un lavoro di omologazione molto arduo e anche un po’ ipocrita, come vedremo andando più nel dettaglio.
Ad ogni modo, anche una parte di quelle gare che avevano visto partecipazioni femminili ebbero l’imprimatur del CIO. Da qui le venti donne o poco più, accreditate di aver preso parte a concorsi validi per la II Olimpiade. A fronte di più di 900 atleti maschi.
Delle donne e delle atlete che presero parte a concorsi dell’Expo, delle discipline e delle specialità in cui poterono gareggiare, vale però la pena parlarne in modo più approfondito perché se ne può ricavare un panorama completo di quali attività sportive fossero concesse alle donne a inizio Novecento, ovvero all’alba dello sport moderno.
Puntata successiva: Il fantasma della contessa de Pourtalès