Per smarcare almeno un weekend dall’inusuale concomitanza con il Mondiale maschile di calcio e considerando che la Polonia si era qualificata per la fase finale, la FIS (Federazione Internazionale Sci e Snowboard) aveva deciso di anticipare di qualche settimana l’apertura della Coppa del Mondo di salto con gli sci 2022/23. Saltatori e saltatrici erano attesi a Wisła, in Slesia, nel weekend del 4-6 novembre, in pratica quattordici giorni prima del previsto, visto che nelle recenti occasioni in cui il trampolino polacco aveva aperto la caccia alla sfera di cristallo si era nella seconda metà del mese1.
Sarà stato per le due settimane d’anticipo o per le poche precipitazioni, fatto sta che la federazione, a qualche giorno dalla disputa della gara, ha capito che sarebbe stato impossibile fare a Wisła del salto con gli sci sulla neve, come la disciplina richiederebbe. Solo che, invece di impacchettare tutto e provare a recuperare le gare nelle settimane a venire, nella località polacca o altrove, la FIS ha optato per offrire un inedito: binari del trampolino ghiacciati, come impongono le regole del salto con gli sci, e atterraggio sull’erba sintetica, come invece avviene dal 1994 nel Summer Grand Prix, il circuito internazionale sempre gestito dalla FIS che funge un po’ da pre-season (o, se preferite, sta allo ski-jumping propriamente detto come le manifestazioni indoor stanno a quelle all’aperto in atletica).
Più che una soluzione di emergenza, unica nel suo genere, l’escamotage trovato dalla FIS per gareggiare lo stesso a Wisła è sembrato essere una finestra nel futuro. La sensazione è che negli anni a venire il salto con gli sci sarà costretto spesso a misurarsi con l’assenza di neve, così come tutte le altre discipline invernali che si svolgono all’aperto. Perché la vera emergenza non è il cambiamento climatico o, meglio, non è il cambiamento climatico in sé, ma il modello di crescita e di sviluppo proposto dalla FIS che non cambia nonostante le temperature medie siano in continuo aumento. Un modello che passa per alcuni mantra, primo fra tutti l’allungamento della stagione agonistica, una sorta di tentativo di “dis-invernalizzare” gli sport invernali. E così si salta dal trampolino di volo di Planica il 2 aprile o si provano a fare prove di Coppa del mondo di sci alpino tutti i weekend, da fine ottobre-inizio novembre fino al 19 marzo.
Un calendario più lungo o, comunque, con più appuntamenti permette poi di accontentare più località in giro per il mondo, anche posti che fino a un decennio fa non si sarebbero mai sognati di poter ospitare gare del circo bianco, tipo Bakuriani, in Georgia (sede del Mondiale di snowboard e freestyle), o Soldeu, nel Principato di Andorra (sede delle finali della Coppa del Mondo di sci alpino). Per far poi sì che pubblico e sponsor si interessino maggiormente ai vari sport vanno di moda da un po’ i City Events: si disputano slalom sulla collina di Zagabria ormai abitualmente (o, almeno, ci si prova ogni anno visto che pista, caldo e vento danno sempre “problemi”) e si fanno gare sprint di sci di fondo a Dresda o Tallinn su neve artificiale che diventa sempre più acquosa e marcia con il passare degli atleti. In questa stagione erano addirittura in programma prove a Milano, il 21-22 gennaio, poi saggiamente spostate a Livigno in considerazione de «l’aumento dei costi energetici che la preparazione di gare in un centro cittadino avrebbero creato»2.
Anche se la vetta in fatto di assurdità si rischierà di toccarla fra sei anni, qualcosa che potrebbe far impallidire il ricordo di Ailing Gu e delle altre freestyler che si giocano il titolo olimpico del big air a Pechino 2022 in un paesaggio di neve artificiale e industrie dismesse. Mi riferisco ai Giochi invernali asiatici che nel 2029 verranno ospitati a Trojena, complesso sciistico che sorgerà in prossimità di Neom, città dell’Arabia Saudita ancora tutta da costruire a una cinquantina di km dal Golfo di Aqaba, Mar Rosso. Del resto, la penisola araba è tutta un pullulare di economie in forte ascesa che stanno investendo a 360° nello sport e non si può mica negar loro il sogno di poter fare dello snowboard sulla neve artificiale, nel deserto!3
Per chi, come me, si occupa di questioni di genere in ambito sportivo ed è, quindi, abituato a narrare storie di donne come Alfonsina Strada, Katherine Switzer o Megan Rapinoe, è normale a questo punto chiedersi quanto atleti e atlete siano consapevoli di ciò che sta accadendo loro intorno e quanta voglia abbiano di esporsi, prendere posizione e mettersi in gioco per provare a modificare le cose.
Forse qualcuno ricorda che due-tre anni fece notizia il fatto che Federica Brignone era testimonial di un progetto, Traiettorie Liquide, che mirava a sensibilizzare su scioglimento dei ghiacciai e invasione della plastica nei mari. Dai media mainstream erano arrivate tante pacche sulle spalle, per la «vena animalista» della prima italiana a vincere una Coppa del Mondo generale femminile di sci alpino, e poco più.
Discorsi o approfondimenti sullo sport activism di questo attore o di quella attrice del circo bianco sono in pratica spariti dai radar. Almeno fino all’inizio di questa stagione, quando il troppo caldo ha imposto la cancellazione della quasi totalità delle gare di sci alpino previste in Europa prima della trasferta Nord-americana della seconda metà di novembre.
In quel frangente sono cominciate a circolare le prime pungenti prese di posizione. Poi, a febbraio, nel corso del Mondiale di Courchevel/Meribel l’associazione no-profit Protect Our Winters ha reso pubblica una lettera dal titolo “Our sport is in danger”, redatta dall’austriaco Julian Schütter e indirizzata alla FIS, che veniva criticata per aver spostato l’inizio della stagione a fine ottobre e per aver stilato calendari “geograficamente non sostenibili“.
Schütter è uno sciatore 25enne di secondo piano, ma in calce alla sua lettera aperta sono subito comparse firme di tutt’altro peso. A cominciare da quelle di Alexander Kilde, Mikaela Shiffrin e, ovviamente, Federica Brignone (per lo sci alpino), della campionessa del mondo della 10km di fondo Jesse Diggins, del campione del mondo 2023 di snowboard cross Dusek, della vincitrice della Coppa del Mondo femminile di salto con gli sci Eva Pinkelnig, della dominatrice dello skicross Sandra Näslund e della ski freerider Arianna Tricomi.
Firmatari e firmatarie sono al momento 170 circa e per capire se da questa conta iniziale potrà nascere qualcosa bisognerà ovviamente attendere, forse anche solo il calendario delle prossime stagioni agonistiche. Le speranze sono ben poche perché, da parte sua, il presidente della FIS Eliasch ha risposto subito alla lettera di Schütter, rigettando le accuse al mittente ed elencando tutto il suo curriculum di difensore della Terra contro i cambiamenti climatici. E sbandierando la retorica della compensazione attraverso la riforestazione delle emissioni “necessarie” a mandare avanti tutto lo show.
Nell’immagine in evidenza: Fine stagione a Soldeu, marzo 2023. Da notare l’assenza di neve al di fuori della pista