Quale sarà il prossimo stadio? Me lo ero chiesto anche io dopo che il Mondiale qatariota aveva macinato via via le proteste, che alcune squadre europee avevano minacciato, ventilato e solo molto parzialmente messo in atto, ed era finito con il simbolo più noto al mondo del calcio giocato (leggi Lionel Messi) che alzava la coppa con indosso il bisht, simbolo evidente di quanto grande fosse il potere dell’emiro Al Thani nel mondo che sta dietro al calcio giocato.
Ebbene, non si è dovuto attendere molto. A inizio febbraio 2023 è cominciata a circolare la notizia che la FIFA avesse sottoscritto un contratto di sponsorizzazione per il Mondiale femminile in programma ad agosto in Australia e Nuova Zelanda con Visit Saudi, l’agenzia governativa dell’Arabia Saudita che si occupa di promuovere il turismo verso il paese dei Bin Salman. In pratica, Visit Saudi avrebbe avuto la stessa visibilità di marchi come Visa, Coca-Cola e Adidas, che da decenni spuntano a ogni angolo nei posti che ospitano grandi manifestazioni sportive.
Quanto questa operazione sapesse di pinkwashing è superfluo sottolineare: le manovre per assicurarsi il Mondiale maschile del 2030 da parte del governo calcistico e politico saudita (tanto coincidono) dovevano anche passare da qualche concessione al movimento femminile! Non a caso dal 2021/22 si può parlare di campionato e di Nazionale saudita femminile di calcio. Però, da qui a dire che le donne saudite non sono più ostaggio dei propri guardiani, ce ne passa! Senza contare che in Arabia Saudita parlare di diritti per persone LGBTQ+ è quanto mai fuori luogo, visto che, per chi nasce uomo, è illegale persino indossare vestiti femminili.
Pertanto, per tutte quelle calciatrici che danno un profondo significato politico di rivendicazione alla crescita che il calcio al femminile ha avuto negli ultimi anni, sarebbe stato come ricevere uno schiaffo a mano aperta in faccia se l’idea della FIFA e di Infantino di mettere insieme Visit Saudi e Mondiale 2023 fosse andata in porto. Anche perché molte di queste calciatrici militanti, attiviste o, semplicemente, impegnate fanno parte della comunità LGBTQ+.
Parliamo, però, di “women play football“, donne che giocano a pallone, e non di uomini e qualche differenza, almeno per ora, la fa. Dopo che era iniziata a circolare la notizia della ventilata sponsorizzazione, sul Guardian e sul sito insidethegames era apparsa la notizia che le federazioni di Australia e Nuova Zelanda avevano chiesto chiarimenti urgenti in merito al governo mondiale del pallone. Anche perché non erano state messe al corrente di nulla,
La FIFA ha nicchiato per quasi un mese, le richieste di fare marcia indietro sono cresciute, poi al Congresso di Kigali, che ha confermato Infantino presidente, è arrivata la notizia ufficiale:1
FIFA has grudgingly dropped plans to make Visit Saudi a major sponsor of this year’s Women’s World Cup in Australia and New Zealand after a backlash from organisers and players.
Particolare piacere fa quel “grudgingly“, ovvero “a malincuore”. Infantino, decisamente scocciato che l’accordo non fosse andato in porto, ha poi parlato come farebbe un bambino offeso doppio standard: «Le compagnie australiane esportano annualmente in Arabia Saudita merci per un valore di 2.25 milioni di dollari e questo non sembra essere un problema». Come se il Mondiale femminile di calcio fosse solo un marchio da esportare qui e là e, se arrivano cospicui finanziamenti anche da nazioni che tratta ancora le donne come oggetto, si ritiene naturale passarci sopra, perché, in fondo, al maschile accade questo.
Per il resto, questa mossa tentata dai vertici del governo calcistico è l’ulteriore conferma che l’attuale mondo-pallone benedetto dalla FIFA senza i soldi e gli interessi di paesi come Qatar, Arabia, Emirati Arabi non riesce a girare. E sicuramente ci riproverà.
La vicenda fa capire anche che per la FIFA esiste solo un modo per far “crescere” sempre più il movimento femminile, in generale, e il Mondiale donne, in particolare: quello di ripercorrere gli stessi passi fatti con la Coppa del Mondo propriamente detta2. Non a caso, proprio a inizi marzo 2023 si è saputo che sarà allestito un FIFA Fan Festival in ciascuna delle nove città australiane e neozelandesi che ospiteranno gare questa estate, come accade da Germania 2006 in campo maschile.
The festivals will include music, entertainment, culture, food and games,
scrive il sito Inside the games, ma sarà anche il paradiso del merchandising e, immaginiamo, anche il luogo in cui i main sponsor della manifestazione si sentiranno liberi di pubblicizzare e non saranno ammesse proteste di nessun tipo perché a vigilare sarà, con ogni probabilità, direttamente la FIFA.