In apertura del Mondiale di sci alpino di Cortina, due anni fa, ebbe spazio sui giornali la notizia che l’allenatrice della squadra iraniana femminile, Samira Zargari, non era potuta partire con le atlete perché non aveva avuto il permesso dal suo marito-guardiano di lasciare il proprio paese.
L’allora commentatrice il fatto Rai Daniela Ceccarelli, ex sciatrice, oro olimpico in Super-G nel 2002, stigmatizzò l’accaduto, ma volle anche sottolineare un aspetto quasi paradossale: le iraniane avevano, infatti, una allenatrice, mentre di fatto nessuna grande sciatrice o nessuna squadra femminile con ambizioni in Coppa del Mondo era seguita o allenata da una donna. Tanto meno le italiane.
La pungente osservazione di Ceccarelli mi aveva colpito e me l’ero appuntata. A due anni di distanza, con il Mondiale di sci alpino 2023 al via, mi sono imbattuto in questo appunto, che mi ha fatto riflettere. Da un lato c’è la neo allenatrice Ceccarelli, che formalmente è ancora sotto contratto Rai, ma in pratica sta seguendo, insieme con il marito, la crescita della giovanissima Lara Colturi, loro figlia. La ragazza, classe 2006, in Coppa del Mondo gareggia, però, per l’Albania: fosse entrata nella squadra azzurra Ceccarelli e consorte non avrebbero potuto guidarla da vicino e, allora, i genitori hanno optato per la nazionalità albanese. E l’ex olimpionica di Super-G è diventata direttrice tecnica dell’Albania.
Dall’altro lato c’è l’Iran, da cui negli ultimi mesi, sono arrivate notizie terribili e al tempo stesso incoraggianti perché, dopo la morte di Mahsa Amini, dalle donne iraniane è partita una protesta senza precedenti contro il governo degli Ayatollah. Una protesta che ha attraversato anche il mondo dello sport e visto anche atlete iraniane partecipare senza il velo a manifestazioni internazionali.
Ricordiamo la 33enne climber Elnaz Rekabi, che a ottobre 2022 al Campionato asiatico di arrampicata a Seul si è presentata senza hijab e che, al ritorno in Iran, è stata prelevata dalla polizia e costretta a una sorta di abiura (“Il velo? L’avevo dimenticato per errore”). O la scacchista Sara Khadim, che ha partecipato senza veli al Mondiale in Kazakistan nel dicembre 2022.
Purtroppo, la repressione messa in atto dal regime ha raggiunto picchi di elevata crudeltà e non c’è più molta la speranza che, nel breve, la condizione delle donne iraniane e della popolazione in genere possa migliorare. Anche il mondo sportivo sta pagando il suo tributo di sangue: il campione nazionale di karate Mohammad Mehdi Karami è stato giustiziato a inizio febbraio 2023, accusato di cospirazione contro il regime1.
Le donne non hanno comunque desistito e anche le sportive continuano a lanciare messaggi. Infatti, -è notizia di qualche giorno fa- la 22enne sciatrice Atefeh Ahmadi, portabandiera dell’Iran a Pechino 2022, nonché argento in Super-G al Campionato asiatico di sci alpino del 2018, ha chiesto asilo politico in Germania e non difenderà i colori del paese degli Ayatollah al Mondiale 2023.