Su La Stampa Sportiva del 3 settembre 1922 appare in posa, con la sua Borgo ferma a bordo pista, mentre Felice Bordino su FIAT sfreccia alle sue spalle. Evidentemente, la tendenza dei fotografi a ritrarre le atlete in modo statico e i “campioni” nel pieno della loro azione è diffusa e va ben al di là di quanto abbiamo visto accadere a Rivarolo, in occasione delle gare podistiche. Solo che una foto di Vittorina Sambri fa sempre un certo effetto. Anche se la sua motocicletta è spenta. Anche se ci accostiamo ad essa con gli occhi di chi vive nel 2022 e non nel 1922. 

Era nata in provincia di Ferrara nel 1891 e aveva cominciato con il ciclismo, ma erano i motori a interessarle. A inizio carriera si presentava alle gare in camicia bianca e cravatta, indossava pantaloni e stivaloni e nascondeva sotto il casco capelli molto corti. In fondo, doveva misurarsi solo contro colleghi maschi e non voleva certo lasciare ai vari Maffeis, Antoniazzi e Belfanti l’esclusiva sull’estetica: anche lei doveva apparire motociclista e non solo dimostrare di esserlo in pista.
Alcune volte vinceva, come nella sfida contro Antoniazzi dell’agosto del 1913; altre volte perdeva, come nella finale del Campionato italiano velocità (classe 500 cc) del 1914, quando si classificò dietro Carlo Maffeis e Belfanti1; sempre rendeva difficile la corsa ai suoi avversari, come sul circuito stradale di Cremona, nel maggio del 1914, quando Miro Maffeis diede fondo a tutte le sue forze per starle davanti, soli 16″ di vantaggio dopo 190km di gara. Quel giorno il cronista della Gazzetta dello sport trasse il meglio del suo repertorio sessista per sminuire la prestazione della «ex simpatica e giovinetta ferrarese», arrivando a sostenere in modo subdolo che la sua popolarità fosse dovuta solo a curiosità e al fatto che «non [riusciva] mai nonostante tutto a far dimenticare la sua origine femminile»2.  

A distanza di una decina d’anni la cravatta non c’è più. O, almeno, non c’è nella foto scattata al motovelodromo di Torino il 27 agosto 1922 e pubblicata da La Stampa Sportiva. Vittorina Sambri ha ormai trenta anni e dal 1915 al 1921 è quasi sparita dai radar (anche per l’inevitabile drastica diminuzione degli eventi sportivi causa Grande Guerra). Vale, quindi, quanto un riconoscimento ex post alla sua professionalità e alle sue doti l’invito a partecipare alla riunione motoristica organizzata nel capoluogo piemontese per omaggiare Biagio Nazzaro, pilota di auto e moto che un mese prima, al volante di una FIAT, ha trovato la morte nel corso del Gran Premio di Francia.

A ottobre dello stesso anno i giornali ci informano del suo secondo posto in una prova del Campionato italiano velocità (classe 350 cc), poi le tracce della Vittorina Sambri pilota di motociclette svaniscono. Di certo l’avvento di un regime patriarcale e maschilista come quello fascista contribuirà a questa sparizione, ma si è visto come già nel 1914 c’era chi spingeva affinché l’esperienza della ferrarese fosse archiviata al più presto, magari prima che altre “signorine” si mettessero in testa di imitarla.
Probabilmente, chi l’aveva vista correre ci metterà più tempo prima di smettere di raccontarne le imprese, se è vero che nel 1936 La milizia sportiva -rivista la cui denominazione è già tutto un programma-, in un articolo dedicato allo sport femminile a Ferrara, si troverà “costretta” a parlarne male e a specificare che «tale esemplare […] nulla ebbe a che vedere con la cultura fisica».

Ancora oggi, a distanza di un secolo, le pilote sono percepite come mosche bianche nelle categorie motociclistiche che non dividono le gare in base al genere3, segno che molti degli ingranaggi della società che osteggiavano l’attività agonistica di Vittorina Sambri sono ancora in funzione. Rimane, tuttavia, la curiosità di capire quante contemporanee della ferrarese ne avevano seguito l’esempio, nell’ambito delle moto o, magari, in campi attigui. C’è, infatti, in un articolo di L. Ferrario apparso sulla Gazzetta dello Sport del 16/3/1921 uno strano accenno:   

La donna, in Francia, fa tutto quello che l’uomo può fare: va a cavallo, guida le automobili, conduce le motociclette […]. E non ha bisogno, come faceva in Italia la Vittorina Sambri ed una sua amica che mi fu data occasione di vedere ad Alessandria nel 1919, di truccarsi da uomo per poter guidare gli autocarri

 

Articolo redatto in collaborazione con il progetto #notiziesportivediunsecolofa di Nicola Sbetti, la rassegna stampa che racconta lo sport con un secolo esatto di ritardo. 

Fonte principale: SAMBRI, Ettorina (Vittorina), voce del dizionario biografico Treccani. Si consiglia di leggere la voce per approfondimenti sugli eventi, i risultati e i pregiudizi che hanno caratterizzato la vita della motociclista ferrarese.