Nel mese di aprile, in occasione della prima giornata di gare dell’Europeo di ginnastica artistica, la 21enne tedesca Sarah Voss ha indossato una tuta aderente a tutta gamba al posto del classico body sgambato. Voss ha gareggiato solo nelle parallele asimmetriche e non è riuscita a strappare il pass per la finale, ma ha invogliato le sue compagne di squadra Kim Bui ed Elisabeth Seitz a seguire le sue orme in fatto di costume da gara il giorno in cui si assegnava il titolo nel concorso individuale.
Le ginnaste hanno optato per la tuta per aver maggior agio nell’effettuare alcuni movimenti e non per questioni religiose. Decisione squisitamente tecnica che, però, ha fatto notizia, perché ha spezzato il tacito accordo secondo cui atleta donna ed esposizione del corpo debbano andare sempre di pari passo, altrimenti sai quanti pochi uomini si fermerebbero a guardare in tv certi sport al femminile…
Ai Giochi di Tokyo, il giorno delle qualificazioni, Voss e compagne si sono presentate con la tuta e Kim Bui l’ha utilizzata anche per la finale del concorso individuale. Le atlete di tutte le altre Nazionali si sono esibite in body e, a dire il vero, anche Elisabeth Seitz lo ha rispolverato per le finali individuali cui ha partecipato.
Vedremo se la scelta operata dalle tedesche avrà conseguenze nell’immediato futuro. Intanto, nel mese di luglio, in un altro Europeo, stavolta di una disciplina non olimpica, il beach handball, si è avuta la controprova di come agisca quel nesso donne, ricerca della spettacolarità, corpo esposto: in ossequio al regolamento ufficiale della IHF, la squadra femminile della Norvegia è stata multata per aver indossato nel match contro la Spagna dei pantaloncini che coprivano i glutei al posto degli slip di ordinanza. Pare, infatti, che il regolamento consenta agli uomini di indossare pantaloncini che rimangano almeno dieci centimetri sopra il ginocchio, mentre obblighi le donne ad avere un massimo di dieci centimetri di copertura ai fianchi.
Anche questo è un segnale di come alle donne che fanno sport lo status di atleta non venga pienamente riconosciuto e venga quasi sempre subordinato a canoni estetici perfettamente adagiati sul desiderio maschile.